Oggi mi occuperò con voi delle definizioni dell’accidia, per cominciare con una conoscenza concettuale, che non sarà sufficiente, dopo dovremo vedere come questi concetti si realizzano nella realtà dove sono stati astratti, ma cominciamo con le definizioni perché è un modo di avvicinarsi a questo fenomeno che è così ricco, così complesso.
Potevamo iniziare al contrario, vedendo come si presenta nella realtà, descrivendola, ma mi sembra che sia utile iniziare con questa descrizione perché dell’accidia non si parla, non si conosce il concetto di accidia, la si nomina raramente, non compare nella lista dei vizi capitali, ma certamente all’interno del vizio capitale dell’invidia, l’accidia è la fonte di ogni invidia, perché, come vedremo, l’accidia è un’invidia, un’invidia contro Dio e contro tutte le cose di Dio, contro l’opera stessa di Dio, contro la creazione, contro i santi… Si tratta dunque di un fenomeno demoniaco opposto allo Spirito Santo.
Tuttavia, non si parla di accidia come non si parla – in molti ambienti – dei 7 vizi capitali che conosciamo dal catechismo, e dei quali i santi padri del deserto preferivano dire che erano pensieri. Questo ci fa capire che i vizi capitali sono qualcosa legato allo spirito, appaiono nell’uomo e agiscono nell’uomo come pensieri, appaiono nella sua intelligenza e si inscrivono poi nei suoi neuroni – diciamo così – in modo che questi dati dell’intelligenza dominano l’anima dell’uomo e determinano anche la sua volontà in modo che egli agisca abitualmente facendo il male. Questi sono i vizi opposti alle virtù, che sono le buone abitudini che gli permettono di fare il bene.
L’accidia, dunque, è un fatto che bisogna conoscere, e siccome è così sconosciuto – nella mia lunga esperienza di sacerdote ho visto questa assenza di conoscenza del fenomeno dell’accidia – o se è conosciuto lo è solo teoricamente e non si sa applicare la definizione teorica ai fatti concreti in cui si manifesta, c’è una grandissima ignoranza sia della teoria che della pratica dell’accidia, non si sa riconoscerla e dire dove sia.
Perciò vale la pena di dedicare questi programmi alla conoscenza dell’accidia, perché è di primaria importanza come peccato capitale contro la carità.
Questo fenomeno dell’accidia si trova ovunque, infesta costantemente l’anima dell’individuo, della società e della cultura.
Nell’individuo come tentazione – molte volte – vedremo che è una tentazione, non è sempre un peccato, non c’è sempre colpa nell’accidia, c’è colpa nell’accettare la tentazione dell’accidia. Quindi si presenta prima di tutto come una tentazione, come una tristezza che se si accetta può diventare un peccato, e se si accetta abitualmente il peccato può diventare un’abitudine e allora c’è una facilità di attualizzare il male, di peccare per accidia, per essere rattristati dalle cose divine.
Questo peccato si è affermato come una specie di civiltà, di cultura, c’è una vera e propria civiltà dell’accidia, una configurazione socio-culturale dell’accidia, per cui l’accidia si trova sotto forma di pensieri e teorie ma anche sotto forma di comportamenti accidiosi, teorie accidiose, che vengono insegnate nelle cattedre popolari o accademiche. Penso alle poltrone popolari quando dico per esempio: parrucchieri, lì nei parrucchieri si danno dottrine – molte volte – e si trasmettono errori molte volte con un falso magistero, un magistero che invece di dire la verità trasmette errori e dove si trasmettono anche comportamenti sbagliati – riferendosi a tutti i vizi capitali, ma in particolare all’accidia – come se fossero veri. Mi riferisco alle cattedre accademiche, perché molte volte ci sono visioni che vengono presentate come scientifiche, per esempio tutte le storie nere (leggende) che riguardano la Chiesa, le opere dei santi, la deturpazione dei santi, la deturpazione della storia della Chiesa che vengono presentate come cattive quando in verità erano buone (per esempio le crociate o l’inquisizione), e l’accidia è proprio questo: prendere il male per il bene e il bene per il male.
Cosa dice la Chiesa dell’accidia? cosa ci dice il Catechismo della Chiesa Cattolica sull’accidia, dottrinalmente qual è la verità su questo demone dell’accidia. Il Catechismo della Chiesa Cattolica presenta l’accidia tra i peccati contro la carità, notate quanto è importante e grave, quanto è importante conoscerla perché è un’attitudine e un peccato contro l’amore di Dio, e l’amore di Dio è il nostro destino eterno, è la nostra salvezza, così che il demone dell’accidia si oppone direttamente al piano divino di condurci all’amore di Dio e di vivere eternamente nell’amore di Dio, Quanto è importante che questo si sappia per poterci difendere da esso, e quanto è grave allora l’ignoranza che circonda questo fenomeno, questo fatto spirituale, che attualmente è diventato una cultura che ci circonda ovunque, che germoglia e abbonda come l’erba nei campi senza essere nominato.
Cosa dice il Catechismo della Chiesa Cattolica? ci dice che è un peccato contro la carità, e lo elenca in una serie di peccati contro la carità, il primo dei quali è l’indifferenza, coloro che non si preoccupano di Dio, gli agnostici che dicono di non sapere se Dio esiste o no e non sono interessati ad approfondire l’argomento, si presentano come indifferenti al fatto religioso, a Dio, alla Chiesa, ai santi, a tutte le cose sante, ai sacramenti, sono indifferenti ai sacramenti, non hanno niente da dire sui sacramenti, sono indifferenti.
Il secondo peccato contro la carità è l’ingratitudine, e l’indifferenza è una forma di ingratitudine, perché come si può essere indifferenti davanti a quel Dio a cui si devono tanti benefici, a cominciare dalla creazione, dalla terra, dalla famiglia, dall’amore, da tutti i beni, da tutte le cose che rendono bella la vita. Davanti all’autore del bene, come si può essere ingrati verso di Lui? e che alcuni sono indifferenti a Lui, sono peccati contro l’amore, sono ignoranze – a volte – che se non sono colpevoli, sono comunque dannosi, perché la persona indifferente, la persona tiepida, ingrata, si priva di questi beni fondamentali per la vita umana.
Il terzo peccato che il catechismo elenca contro la carità è la tiepidezza, cioè c’è un amore di Dio, ci sono forme di fede, ci sono le virtù teologali, ma in modo tiepido, come dice il Signore nell’Apocalisse “perché non sei né freddo né caldo sto per vomitarti dalla mia bocca”, è una freddezza, una tiepidezza nell’amore divino, e in un mondo freddo come quello in cui siamo, i tiepidi finiscono per congelare, nessuno persevera nella fede in questo mondo freddo se non è fervente nella fede.
Al quarto posto il catechismo elenca l’accidia, questa tristezza per i beni divini, questa cecità per i beni divini che rende l’uomo pigro per le virtù della religione e della pietà, ed è ciò che vediamo in tanti battezzati che vivono in modo tiepido la vita cultuale e che non vanno a messa – per esempio – sono capaci di gioire del culto divino, o celebrare con vera gioia, con vera allegria, non con un rumore ostentato che a volte è come una gioia mondana nel luogo sacro, ma per la vera gioia di Dio, come ci dice la gloria nella Messa: ti ringraziamo per la tua grande gloria, ti ringraziamo per la tua gloria Signore, ci rallegriamo che sei glorioso e che sei grande, e che ti manifesti amorevole e divino nelle opere della creazione, nelle opere della salvezza, nelle opere della tua Divina Provvidenza che ci accompagnano quotidianamente.
Chi si priva di questo si priva della vera gioia, la gioia più profonda, la vera gioia per cui è stato creato, e vive stordito e rimane in balia di piccole gioie mondane, o cercando di soddisfare quella tristezza dell’anima, quella mancanza del bene supremo – che allieterebbe il suo cuore – per cui l’anima è rattristata. Il salmista dice: “Perché sei triste, o anima mia, perché mi disturbi? aspetta Dio, affinché tu possa lodarlo di nuovo”, l’anima senza Dio si rattrista, ed è spesso provvista di gioie e gioie mondane che non placano del tutto la sua sete di Dio e così si immerge nella società depressiva, in mezzo alla quale siamo, una società che dispensa Dio, e così è una società depressiva e triste, che si deprime.
La gente si agita cercando la felicità nei beni terreni, gli si promette che il benessere produrrà la felicità, e non è così, Aristotele lo ha già escluso, il benessere non è la felicità, a cominciare dal fatto che il benessere è sempre transitorio, arriva un momento in cui scoppia il malessere e abbiamo bisogno di un bene che ci renda felici anche quando stiamo male, anche in mezzo al malessere, per questo è così importante non perdere di vista il vero bene, la vera felicità, e non soccombere a questo demone dell’accidia – della tristezza – che non sa gioire dei beni divini.
Forme di accidia:
– L’indifferenza è già una forma di accidia, perché se qualcuno conoscesse il bene di Dio non potrebbe essere indifferente a quel bene.
– L’ignoranza che non conosce il bene di Dio.
– Ingratitudine perché non conosce l’opera buona di Dio, non la riconosce.
– Tiepidezza perché non conosce il bene di Dio.
Tutte queste sono forme di accidia, cecità al bene,
E come culmina l’accidia, il quinto e ultimo peccato contro la carità è l’odio verso Dio, come è possibile arrivare ad odiare Dio, come è possibile che esista il peccato di accidia, sembra che questi peccati non siano logici, se li esaminiamo, l’indifferenza non è logica, l’ingratitudine non è logica, la tiepidezza non è logica, la tristezza per il bene di Dio non è logica e l’odio verso Dio non è logico, però è tutto un pacchetto di peccati contro l’amore di Dio che blocca nei cuori l’accesso alla felicità, alla beatitudine, alla beatitudine che comincia qui sulla terra: l’amore di Dio.
L’odio di Dio è una conseguenza ultima dell’accidia, una forma ultima di accidia, quando uno non può conoscere il bene di Dio, è indifferente, è ingrato o tiepido nell’amore – forme diverse di accidia, di tristezza davanti al bene divino – e che culmina proprio nell’odio di Dio, è il vedere Dio come male, cioè la visione demoniaca, satanica è che Dio è male, Già nella tentazione di Eva, Satana presenta Dio come un essere egoista che non vuole comunicare il bene divino ad Eva, e che, quindi, la rapisce per impossessarsi di quel frutto divino che l’egoismo di Dio le vieterebbe, essendo che Dio ha un momento per darglielo, Satana la fa correre ad impossessarsi di un amore prima che questo amore le sia dato.
Ma cos’è propriamente l’accidia? San Tommaso dice, i santi padri dicono, la Chiesa cattolica ci dice, che l’accidia è una tristezza per il bene, un’incapacità di vedere il bene o – nella sua forma estrema – di considerare il bene di Dio come un male.
L’invidia in generale è una cattiva tristezza, la tristezza è infatti una buona passione, può essere cattiva per due cause:
– ci può essere una tristezza cattiva perché il suo oggetto è un bene e allora è una passione sbagliata perché la tristezza è per un male, quando qualcuno si rattrista per un bene allora quella non è una virtù, è viziosa quella tristezza, è propriamente invidia;
– o anche una tristezza può essere cattiva perché è una tristezza sproporzionata al male che si piange, e in quel caso il tipo di depressioni o tristezze eccessive.,
L’assenza di tristezza può anche essere cattiva, non essere rattristati dalla morte di una persona cara – per esempio – è una mancanza di tristezza cattiva. Al contrario, essere rattristati dal bene del prossimo è invidia, e quindi l’invidia è cattiva. I fratelli di Giuseppe erano invidiosi dell’amore di Giacobbe per Giuseppe, suo fratello, e questo è un tipico esempio di invidia nelle Sacre Scritture, o Saul quando è rattristato dai successi militari di Davide e sente che la sua gloria gli viene rubata, ma vedremo gli esempi biblici un’altra volta, ora dobbiamo guardare all’accidia come tristezza, tristezza per il bene di Dio, e questa tristezza può essere dovuta a un’ignoranza del bene, semplicemente una cecità per il bene, San Paolo dice per esempio – riferendosi alle persone che non conoscono il creatore attraverso le opere divine – che è per questo che il Signore le dà in pasto alle loro passioni, perché potevano conoscere Dio attraverso le loro opere non lo hanno conosciuto, questa cecità di conoscere il Signore è una delle forme della cecità dell’accidia.
Acedia, dunque, è questa cecità al bene di Dio che si estende anche a tutte le cose divine, si estende a Nostro Signore Gesù Cristo che, per esempio, piange su Gerusalemme e dice “se tu conoscessi il bene di Dio che oggi ti visita”, Gerusalemme ha il Messia davanti agli occhi e non sa riconoscere la presenza del suo Salvatore, questa è l’accidia, quella cecità che ci permette di stare davanti al bene senza saperlo, questa cecità è molto grave, ci priva del bene, Gerusalemme si sta privando di colui che viene a visitarla, e per questo Gesù piange su di lei.
Esaminiamo ora un altro aspetto della definizione di accidia che può illuminarci ulteriormente sulla sua natura. Guardiamo un po’ l’etimologia della parola accidia, che viene dal latino “acidia” ed è imparentata con altre parole: acre, acido… così che già nella sua etimologia ci suggerisce che l’accidia è una forma di acide dove dovrebbe esserci la dolcezza, invece della dolcezza dell’amore di Dio – perché l’amore è dolce – ci viene venduta questa acide, è come la fermentazione di un buon vino che produce un aceto. A nostro Signore Gesù Cristo viene offerto sulla croce, invece dell’amore un aceto che è simbolico, per la sua sete d’amore gli viene offerto aceto e non la dolcezza dell’amore divino, dell’amore dei suoi fedeli, dei discepoli, e questo è il dramma di Dio, alla fine è ancora il dramma di Dio non ricevere amore per amore, e ricevere acidità per amore.
Ma la parola latina acidia deriva a sua volta dalla parola greca άκηδία (akedía) in greco è usata soprattutto come la mancanza di pietà verso i defunti ai quali non vengono resi gli onori dovuti secondo la cultura greca, la trascuratezza del culto degli antenati familiari, la mancanza di pietà, per cui è anche una cecità, una mancanza di considerazione, una mancanza di amore per quelle persone e quegli dei che dovrebbero essere onorati e amati.
Siamo giunti alla fine di questa esposizione della natura dell’accidia, e ci conviene ora occuparci delle conseguenze fatali di questa accidia per la vita spirituale.
Prendo da un dizionario di spiritualità quello che ci viene detto sulle conseguenze dell’accidia, dice: Attaccando la vitalità della relazione con Dio, l’accidia ha conseguenze disastrose per tutta la vita morale e spirituale. Dissipa il tesoro di tutte le virtù, l’accidia si oppone direttamente alla carità – è il peccato contro l’amore, verso Dio e verso le creature – ma si oppone anche alla speranza, ai beni eterni – perché non godiamo del cielo – alla fortezza – perché la gioia del Signore è la nostra fortezza, Dove manca la gioia dell’amore di Dio, non c’è la forza di fare il bene. Si oppone alla saggezza, al gusto dell’amore divino, e soprattutto si oppone alla virtù della religione che gioisce nel culto – perché i cattolici in tanti paesi disertano il culto della domenica?, E perché anche il culto domenicale a volte si allontana dalla sua qualità di adorazione gioiosa nel Signore, e a volte si usa un chiasso rumoroso che non celebra la vera gloria del Signore, ma diventa piuttosto uno spettacolo che cerca di distrarre o intrattenere per coprire la noia di un’anima che non sa gioire in Dio? Le sue conseguenze sono chiaramente illustrate dai suoi difetti o, per usare il nome della teologia medievale, dalle sue figlie: dissipazione, vagabondaggio illecito dello spirito, debolezza, meschinità, ottusità, rancore, malizia. Questa corruzione della pietà teologica, che dà origine a tutte le forme di corruzione della pietà morale, dà origine anche a mali nella vita sociale, nella convivenza – per non parlare della vita ecclesiastica, dove ci si rallegra del bene che Dio fa in un altro perché non lo fa in uno -, alla detrazione del bene, alla mormorazione, alla squalifica attraverso la derisione, alla critica e persino alla calunnia dei devoti.
Che cosa importante da sapere su questo male che continueremo a trattare.
Cari fratelli siamo grati per l’illuminazione di Dio e della Chiesa su questo demone dell’accidia che ci mette in guardia da esso, e chiedo al Signore di benedirvi e proteggervi – attraverso San Michele Arcangelo e l’Angelo Custode – da questo demone dell’accidia, che ci attacca dall’interno, dal profondo del nostro cuore, della nostra anima, ma che ci attacca anche dalla cultura intorno a noi. Ci ritroveremo allora nel prossimo capitolo, dove continueremo ad approfondire e illuminare questo pericolo che ci circonda e che è importante conoscere.