Cuba e gli Stati Uniti nella tratta atlantica degli schiavi (1789-1820)

Co-direttori: Marial Iglesias Utset, Jorge Felipe Gonzalez (Michigan State University)

Questo progetto esplora la misura in cui la vertiginosa crescita del commercio di schiavi con sede all’Avana dopo il 1808 fu guidata dal trasferimento di capitale umano e finanziario e di competenze accumulate nel commercio di schiavi. Dopo la sua abolizione negli Stati Uniti, i commercianti americani reindirizzarono i loro investimenti a Cuba. Spinto dal boom sostenuto dello zucchero e del caffè a Cuba e dalla forza crescente del mercato del cotone nel sud degli Stati Uniti, un grande gruppo di mercanti americani si unì ai commercianti e ai piantatori dell’Avana. I risultati ebbero ripercussioni a lungo termine: Cuba divenne la più grande colonia di schiavi di tutta l’America ispanica, con il più alto numero di persone schiavizzate importate e la più lunga durata del commercio illegale di schiavi. Circa 800.000 schiavi furono importati a Cuba, il doppio di quelli spediti negli Stati Uniti. Tra il 1808 e il 1820, quando il traffico legale di schiavi a Cuba cessò, la bandiera spagnola ospitò molte spedizioni schiaviste americane e si consolidarono le reti tra i mercanti americani e cubani e i fattori dell’Africa occidentale. Questo Atlantic Slave Trade Project cerca di chiarire i modi in cui i commercianti di schiavi di Cuba hanno creato e consolidato una potente infrastruttura e una posizione di rilievo nel commercio di schiavi atlantico del XIX secolo. Si basa su fonti d’archivio a Cuba e negli Stati Uniti e si inserisce nel quadro teorico e metodologico della storia atlantica.

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