“Deep calls to Deep at the roar of your waterfalls; all your breakers and your waves have gone over me.”
– Salmo 42:7
Il profondo chiama il profondo…?
Mi sono spesso chiesto cosa possa significare la frase “profondo chiama il profondo” nel Salmo 42. Sappiamo che ci arriva nel contesto di qualcuno che sta soffrendo una sorta di separazione dal Signore (v. 1-2), e che la sofferenza che stanno sopportando è in qualche modo dal Signore (“le tue cascate… i tuoi frangenti… le tue onde…”). Alcuni commentatori dicono che i due “abissi” in questo passaggio sono un riferimento poetico alle acque della sofferenza del salmista. Ho anche sentito dire che una profondità è il cuore del sofferente e l’altra è il cuore di Dio, e il sofferente sta chiamando Dio nella sua angoscia. Penso che questa seconda opzione sia vicina al punto, ma possiamo davvero riferirci al nostro cuore/anima come un “profondo” uguale a quello di Dio stesso?
Penso che sia importante rendersi conto che, in definitiva, tutte le scritture puntano a Cristo e dovrebbero essere lette attraverso la lente di Cristo crocifisso e risorto. Con questa realtà in mente, dobbiamo arrivare a questo (e ad ogni) salmo con la domanda: “come mi mostra Cristo? Cosa mi dice di Cristo? Come viene cantato questo inno su, o a, o da Gesù Cristo?”. Una volta che cominciamo a pensare in questo modo (il che è garantito da Luca 24:44-45 e da molti altri luoghi della Scrittura) credo che possiamo trovare una risposta all’eco profonda in questo verso.
Reverberazioni della Trinità
Dove vediamo l’uomo Cristo Gesù sofferente e tagliato fuori da Dio? Dove lo vediamo nell’angoscia con cascate e frangenti che si abbattono su di lui? Lo vediamo sulla croce. E lì, mentre Dio il Figlio è appeso nella carne sulla croce, sentiamo qualcosa che potrebbe essere il grido del profondo al profondo? Io credo di sì:
“E verso l’ora nona Gesù gridò a gran voce, dicendo: “Eli, Eli, lema sabachthani?” cioè: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
– Matteo 27:46
Dio incarnato fu esaltato sulla croce e lì portò la cascata dell’ira di Dio e fu schiacciato dai frangenti della Sua santa ira. E mentre quelle onde infuocate si infrangevano e frantumavano la Sua anima portatrice di peccato, l’infinito Profondo del Suo stesso cuore gridava in segno di abbandono all’infinito Profondo del cuore del Padre. Oh quanto profondo fu il riverbero dell’angoscia divina sul Calvario! Il Figlio grida al Padre, e lo Spirito – il legame della loro unione – risuona con l’armonia comunicante la grazia dell’amore e dell’ira mescolati.
La croce, io credo, è il compimento di queste parole nel Salmo 42. La croce è dove il Cuore Profondo chiama il Cuore Profondo al fragore delle cascate e delle onde della Santa ira contro il peccato umano.
Profondo chiama il Profondo……Il Salmista non aveva idea di quanto fosse profondo! Non aveva idea di quale bellezza stesse scrivendo, quali “strane cose tristi” – eppure anche cose infinite in bellezza e gloria e gioia! – stava predicendo con queste parole. Oh, gloria a Dio! Profondo chiama Profondo come il Figlio è frantumato nell’amore sulla croce…. frantumato affinché tutte le cose siano riparate in Lui e per Lui… frantumato affinché la realtà stessa sia armonizzata con la melodia della gloria trinitaria di Dio…. frantumato affinché Egli sia innalzato il primo della Nuova Creazione, preminente su tutte le cose e il nesso della realtà (Colossesi 1:18-20).
Un canto nella notte
E il Salmista continua a fare eco al cuore di Cristo quando dice nel versetto 8:
“Di giorno il Signore comanda il suo amore costante, e di notte il suo canto è con me…”
E qual è il canto? Versetto 9: “Perché mi hai dimenticato? Il grido di abbandono di Cristo è il suo “canto nella notte” dato da Dio. I canti che Dio dà da cantare ai suoi figli non saranno sempre comodi o allegri…. ma finiranno tutti in una gioia profonda che arriverà all’indietro e renderà anche le sezioni amare pezzi integranti della loro bellezza. Questo vale anche per il grido di Cristo sulla croce. Sì, era un grido di amara angoscia, ma era anche – e alla fine – un grido di fede, un grido di speranza. Come può essere? Perché quando Gesù dice “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Non sta semplicemente sfogando la sua sofferenza, sta anche citando i primi versi del Salmo 22…. e sebbene quel Salmo inizi con lo sgomento, finisce nella vittoria. E Gesù lo sapeva quando lo citava.
Così, anche quando “il profondo chiama il profondo” e il Figlio grida al Padre in segno di abbandono, c’è, sotto le sue parole come un fiume sotterraneo, la certezza che riecheggia in tutto il Salmo 42: “Lo loderò ancora, mia salvezza e mio Dio”. E poiché Gesù ha sopportato queste cascate d’ira al posto nostro, e tuttavia è risorto per gioire nel Suo Padre, anche noi possiamo avere la stessa fiducia; anche noi abbiamo un “canto nella notte” che un giorno crescerà in un inno di lode e gioia. Perché, per il nostro bene, Deep ha chiamato a Deep.