Jan Baptista van Helmont nacque da una famiglia nobile a Bruxelles nel gennaio 1579. Studiò i classici all’Università di Lovanio fino al 1594, ma non accettò la laurea perché considerava gli onori accademici una mera vanità. Studiò anche aspetti della magia e della filosofia mistica in corsi tenuti da insegnanti gesuiti nella loro scuola di Lovanio, recentemente fondata, e poi si dedicò allo studio di scrittori spirituali mistici come Tommaso da Kempis. Insoddisfatto di tutti questi studi, si rivolse alla medicina. Nella sua nuova impresa fu ispirato dallo zelo religioso e dal desiderio di essere al servizio della società.
Dopo aver ottenuto la licenza di praticare, Van Helmont fu invitato a tenere lezioni di chirurgia all’Università di Lovanio. Tuttavia, contrasse un caso di scabbia e trovò che il trattamento ortodosso con purganti duri era debilitante e inefficace. Alla fine fu curato dai rimedi minerali paracelsiani, ma nel frattempo, disilluso dalla scienza medica del tempo, Van Helmont abbandonò la sua carriera medica e per 10 anni viaggiò attraverso l’Europa. Sposò una ricca nobildonna, Margaret van Ranst, nel 1609 e si stabilì in una tenuta a Vilvorde vicino a Bruxelles per dedicarsi alla filosofia chimica.
In seguito alla pubblicazione del suo trattato sulla cura magnetica delle ferite, che era diretto contro un gesuita, Van Helmont venne all’attenzione dell’Inquisizione. Gli fu mossa un’accusa, e questa vicenda gettò un’ombra sul resto della sua vita, che terminò il 30 dicembre 1644; fu assolto solo 2 anni dopo la sua morte. Questa circostanza forse lo rese riluttante a pubblicare molto durante la sua vita. Suo figlio Franciscus Mercurius pubblicò le sue carte postume nel 1648 con il titolo Ortus medicinae (Origini della medicina).
Van Helmont visse proprio in quell’epoca del XVII secolo in cui si stava forgiando il metodo scientifico moderno basato sull’osservazione e sull’esperimento, ma ancora la scienza non si identificava in modo unico o esclusivo con questo approccio. Per Van Helmont la conoscenza era un dono divino di Dio: non c’era un solo modo per comprendere la creazione; l’uomo doveva utilizzare tutti i mezzi che Dio gli aveva dato, compreso lo studio delle Scritture, la preghiera, la meditazione, l’illuminazione mistica e l’osservazione diretta della natura. Come la maggior parte dei Paracelsi, Van Helmont diffidava del modo di ragionare dialettico usato dai filosofi scolastici del Medioevo e della filosofia naturale dei Greci. L’esperienza, sia mistica che empirica, era la via della conoscenza, non il ragionamento verbale.