Lepido difese Gneo Calpurnio Pisone (amico di Tiberio, ma anche parente di Lepido) al suo processo per il presunto avvelenamento di Germanico.
Nel 21 d.C., Tiberio gli offrì il governatorato della provincia africana. Egli rifiutò l’offerta, adducendo la cattiva salute e le richieste dei suoi figli, ma più probabilmente riconobbe la saggezza di lasciare la posizione a Quinto Giunio Biagio, zio di Lucio Elio Seiano, il potente prefetto pretoriano. Anche se questo può far sembrare Lepido indebitamente sottomesso all’imperatore Tiberio e ai suoi potenti alleati, le attività di Lepido in senato mostrano una mente indipendente. Nel 21 d.C. fece un forte discorso contro la pena di morte per un poeta irriverente. Tuttavia, il poeta fu giustiziato per ordine del senato. Questo permise a Tiberio di lodare la moderazione di Lepido (così come lo zelo del senato nel perseguire qualsiasi offesa all’imperatore).
Gli studiosi moderni hanno suggerito che Lepido restaurò anche la Basilica Aemilia nel Foro Romano nel 22 d.C. e servì come governatore dell’Asia nel 26 d.C. A quanto pare, Lepido fu uno dei pochi aristocratici che ottennero alte posizioni (compreso il comando di grandi eserciti) in questo periodo travagliato senza mai essere accusato di complottare contro l’imperatore. Anche se nel 32 d.C. un importante senatore, Cotta Messalinus, lo attaccò apertamente a causa della sua eccessiva influenza in senato, questa accusa non ebbe conseguenze. Lepido morì nel 33 d.C. Tacito lo descrisse come “saggio e nobile” per le sue azioni come senatore. Secondo Tacito le sue azioni potrebbero essere prese come esempio per gli aristocratici indipendenti che vivono sotto la tirannia.