Razze E Lingue Hamitiche – Enciclopedia

Nomi Geografici

Razze E Lingue Hamitiche. Le questioni coinvolte in una considerazione delle razze amitiche e delle lingue amitiche sono indipendenti l’una dall’altra e richiedono un trattamento separato.

I. Razze amitiche. – Il termine Hamitic come applicato alla razza non solo è estremamente vago, ma è stato molto abusato dagli scrittori antropologici. Dei pochi che hanno tentato una definizione precisa, il più importante è Sergi, e la sua classificazione può essere presa come rappresentante di un punto di vista riguardo a questa difficile questione.

Sergi considera gli Hamiti, usando il termine in senso razziale, come un ramo della sua “razza mediterranea”; e li divide come segue: – I. Ramo orientale (a) Egiziano antico e moderno (esclusi gli arabi).

(b) Nubiani, Beja.

(c) Abissini.

(d) Galla, Danakil, Somali.

1 G. Sergi, The Mediterranean Race. A Study of the Origin of European Peoples (London, 1901); idem, Africa, Antropologia della stirpe camitica (Torino, 1897).

(e) Masai.

(f) Wahuma o Watusi.

2. Ramo Nord (a) Berberi del Mediterraneo, dell’Atlantico e del Sahara.

(b) Tibbu.

(c) Fula.

(d) Guanches (estinto).

Per quanto riguarda questa classificazione, le seguenti conclusioni possono essere considerate come relativamente certe: che i membri dei gruppi d, e ed f del primo ramo sembrano essere strettamente interconnessi da legami di sangue, e anche i membri del secondo ramo. Gli abissini del sud hanno assorbito una certa quantità di sangue Galla, ma la maggioranza è semitica o seminegroidea. La questione delle affinità razziali degli Antichi Egizi e dei Beja è ancora oggetto di dubbi, e la relazione dei due gruppi tra loro è ancora controversa. Sergi, è vero, argomentando dai dati fisici ritiene che esista una stretta connessione; ma i dati sono così scarsi che si può dubitare della definitività della sua conclusione. Il suo “ramo settentrionale” corrisponde al termine più soddisfacente di “razza libica”, rappresentata in discreta purezza dai Berberi e, mescolata con elementi negri, dai Fula e dai Tibbu. Questa razza libica è distintamente una razza bianca, con capelli scuri e ricci; gli Hamiti orientali sono altrettanto distintamente un popolo bruno con capelli crespi. Se, come crede Sergi, questi popoli bruni sono essi stessi una razza, e non un incrocio tra bianchi e neri in proporzioni variabili, si trovano nella loro massima purezza tra i Somali e i Galla, e mescolati con sangue Bantu tra i Ba-Hima (Wahuma) e i Watussi. I Masai sembrano essere tanto negri nilotici quanto hamiti. Questo tipo di Galla non sembra apparire più a nord della parte meridionale dell’Abissinia, e non è improbabile che i Beja siano immigrati semiti molto presto con una mescolanza negroide aborigena. È anche possibile che essi e gli antichi egizi possano contenere un elemento comune. I Nubiani appaiono affini agli Egiziani ma con un forte elemento negroide.

Per tornare ai due rami di Sergi, oltre alle differenze nel colore della pelle e nella struttura dei capelli c’è anche una differenza culturale di grande importanza. Gli Hamiti orientali sono essenzialmente un popolo pastorale e quindi nomade o seminomade; i Berberi, che, come detto sopra, sono i rappresentanti più puri dei Libici, sono agricoltori. Le abitudini pastorali degli Hamiti orientali sono importanti, poiché essi mostrano la massima riluttanza ad abbandonarle. Anche i Ba-Hima e i Watussi, da lungo tempo insediati e in parte mescolati con i Bantu agricoli, considerano qualsiasi attività diversa da quella della pastorizia come assolutamente al di sotto della loro dignità.

Sembrerebbe quindi che, mentre non sono stati raccolti dati sufficienti per decidere se, sulla base di misure antropologiche esatte, i Libici siano collegati razzialmente con gli Hamiti orientali, la testimonianza derivata da ampie “caratteristiche descrittive” e dalla cultura generale è contro una tale connessione. Considerare i libici come hamiti solo sulla base del fatto che le lingue parlate dai due gruppi mostrano affinità sarebbe tanto avventato e potrebbe essere tanto falso quanto affermare che gli ungheresi attuali sono mongoli perché il magiaro è una lingua asiatica. Per quanto riguarda lo stato attuale delle conoscenze, sarebbe quindi più sicuro limitare il termine “hamiti” al primo gruppo di Sergi; e chiamare il secondo con il nome di “libici”. La difficile questione dell’origine degli antichi Egizi è discussa altrove.

Per quanto riguarda la questione se gli Hamiti in questo senso ristretto siano una razza definita o una miscela, nessuna discussione può, in considerazione della scarsità di prove, ancora portare ad una conclusione soddisfacente, ma si potrebbe suggerire molto provvisoriamente che ulteriori ricerche possono forse collegarli con i popoli Dravidici dell’India. È sufficiente per gli scopi attuali che il termine Hamite, usandolo come coestensivo con l’Hamite orientale di Sergi, abbia una connotazione definita. Con questo termine si intende un popolo bruno con capelli crespi, di corporatura magra e muscolosa, con braccia e gambe snelle ma muscolose, un naso sottile e diritto o addirittura aquilino con narici delicate, labbra sottili e nessuna traccia di prognatismo. (T. A. J.) II. Lingue amitiche. – Tutto il nord dell’Africa era un tempo abitato da tribù di razza caucasica, che parlavano lingue che ora sono generalmente chiamate, dopo Genesi x., hamitiche, un termine introdotto principalmente da Friedrich Muller. La coerenza linguistica di quella razza è stata spezzata soprattutto dall’intrusione degli arabi, la cui lingua ha esercitato una potente influenza su tutte quelle nazioni. Questo frazionamento, e le immense distanze sulle quali quelle tribù erano sparse, hanno fatto sì che quelle lingue divergano più ampiamente di quanto non facciano le varie lingue del ceppo indoeuropeo, ma la loro affinità può essere facilmente rintracciata dal linguista, ed è, forse, maggiore della corrispondente somiglianza antropologica tra il bianco libico, il rosso galla e il bruno somalo. La relazione di queste lingue con il semitico è stata notata da tempo, ma all’inizio era stata presa per una discendenza dal semitico (cfr. il nome “siro-arabo” proposto da Prichard). Ora i linguisti sono d’accordo sul fatto che i proto-semiti e i proto-amiti formavano un tempo un’unità, probabilmente in Arabia. Questa unità originaria è stata dimostrata specialmente da Friedrich Muller (Reise der osterreichischen Fregatte Novara, p. 51, più ampiamente, Grundriss der Sprachwissenschaft, vol. iii. fasc. 2, p. 226); cfr. anche A. H. Sayce, Science of Language, ii. 178; R. N. Cust, The Modern Languages of Africa, i. 94, &c. Le grammatiche comparative del semitico (W. Wright, 1890, e specialmente H. Zimmern, 1898) lo dimostrano ora a tutti con tavole comparative degli elementi grammaticali.

La classificazione delle lingue amitiche è la seguente 1. – I dialetti libici (per lo più chiamati erroneamente “lingue berbere”, dopo una sfortunata e vaga designazione araba, barabra, “popolo di lingua straniera”). I rappresentanti di questo grande gruppo si estendono dal fiume Senegal (dove sono chiamati Zenaga; Grammaire imperfetto di L. Faidherbe, 1877) e da Timbuktu (dialetto degli Auelimmiden, abbozzato da Heinrich Barth, Travels, vol. v., 1857) alle oasi di Aujila (Bengazi) e di Siwa al confine occidentale dell’Egitto. Di conseguenza, questi “dialetti” differiscono più fortemente l’uno dall’altro che, ad esempio, le lingue semitiche tra loro. Il rappresentante più puro sembra essere la lingua dei montanari algerini (Kabyles), specialmente quella della tribù Zuawa (Zouaves), descritta da A. Hanoteau, Essai de grammaire kabyle (1858); Ben Sedira, Cours de langue kab. (1887); Dictionnaire di Olivier (1878). Il piccolo e dotto Manuel de langue kabyle, di R. Basset (1887) è un’introduzione allo studio dei molti dialetti con bibliografia completa, cfr. anche le Notes de lexicographie berbere di Basset (1883 foil.). (I dizionari di Brosselard e Venture de Paradis sono imperfetti.) Il migliore descritto ora è Shilh(a), un dialetto marocchino (H. Stumme, HandbuchdesSchilhischen, 1899), ma è un dialetto inferiore. Quello di Ghat a Tripoli è alla base della Grammatica di F. W. Newman (1845) e della Grammaire Tamashek di Hanoteau (1860); cfr. anche il Dictionnaire di Cid Kaoui (1900). Né i rapporti medievali sulla lingua parlata dai Guanci delle Isole Canarie (più completi in A. Berthelot, Antiguites canariennes, 1879; affine allo Shilha; per nulla libico primitivo non toccato dall’arabo), né il dialetto moderno di Siwa (ancora poco conosciuto; grammatica provvisoria di Basset, 1890), hanno giustificato le speranze di trovare un dialetto libico puro. Di alcuni tentativi letterari in lettere arabe il religioso Pobme de Cabi (ed. Basset, Journ. asiatique, vii. 476) è il più notevole. L’imperfetta scrittura indigena (chiamata tifinaghen), una derivazione dall’alfabeto sabeo (non, come sosteneva Halevy, dal punico), ancora in uso tra le tribù del Sahara, può essere fatta risalire al II secolo a.C. (iscrizione bilingue di Tucca, &c.; cfr. J. Halevy, Essai d’epigraphie libyque, 1875), ma quasi mai servita per usi letterari.

La famiglia cushitica o etiope

Il parente più prossimo del libico non è l’antico egiziano ma la lingua dei nomadi Bisharin o Beja del deserto nubiano (cfr. H. Almkvist, Die Bischari Sprache, 1881 , e L. Reinisch, Die Bedauye Sprache, 1893, Worterbuch, 1895). La lingua dei popoli che occupano la pianura ad est dell’Abissinia, i Saho (Reinisch, grammatica in Zeitschrift d. deutschen morgenleind. Gesellschaft, 32, 1878; Texte, 1889; Worterbuch, 1890; cfr. anche Reinisch, Die Sprache der Irob Saho, 1878), e gli Afar o Danakil (Reinisch, Die Afar Sprache, 1887; G. Colizza, Lingua Afar, 1887), semplici dialetti di una sola lingua, costituiscono l’anello di congiunzione con il gruppo amitico meridionale, cioè Somali (Reinisch, Somali Sprache, 1900-1903, 3 voll.; Larajasse e de Sampont, Practical Grammar of the Somali Language, 1897 schizzi imperfetti di Hunter, 1880, e Schleicher, 1890), e Galla (L. Tutscheck, Grammar, 1845, Lexicon, 1844; Massaja, Lectiones, 1877; G. F. F. Praetorius, Zur Grammatik der Gallasprache, 1893, sic.) Tutte queste lingue cushitiche, che si estendono dall’Egitto all’equatore, sono separate da Reinisch come Basso Cushitico dal gruppo Alto Cushitico, cioè i molti dialetti parlati dalle tribù che abitano gli altipiani abissini o il sud dell’Abissinia. Degli abitanti originari dell’Abissinia, chiamati collettivamente Agau (o Agau) dagli abissini, o Falashas (questo nome principalmente per le tribù ebraiche), Reinisch considera la tribù Bilin o Bogos come quella che conserva il dialetto più arcaico (Die Bilin Sprache, Texts, 1883; Grammatik, 1882; Worterbuch, 1887); lo stesso studioso ha dato schizzi dei dialetti Khamir (1884) e Quara (1885). Su altri dialetti, in lotta con le diffuse lingue semitiche (tigre, amarico, &c.), vedi Conti Rossini, “Appunti sulla lingua Khamta”, in Giorn. soc. orient. (1905); Waldmeyer, Wortersammlung (1868); J. Halevy, “Essai sur la langue Agaou” (Actes soc. philologique, 1873), &c. Dialetti simili sono quelli delle tribù Sid(d)ama, a sud dell’Abissinia, di cui solo il Kaf(f)a (Reinisch, Die Kafa Sprache, 1888) è conosciuto in modo completo. Dei vari altri dialetti (Kullo, Tambaro, &c.) si conoscono solo i vocabolari; cfr. Borelli, Ethiopie meridionale (1890). (Non c’è dubbio che le lingue amitiche più settentrionali abbiano conservato al meglio la ricchezza originale di inflessioni che ci ricorda così fortemente la ricchezza formale del semitico meridionale. Il libico 1 Si citano qui solo opere di più alto livello linguistico; molti vocabolari e tentativi imperfetti di viaggiatori non possono essere enumerati.

e il Beja sono i tipi meglio conservati, e quest’ultimo specialmente può essere chiamato il sanscrito dell’amitico. Le altre lingue cushitiche mostrano tendenze agglutinanti crescenti man mano che ci si allontana verso sud, sebbene singoli arcaismi si trovino anche nel somalo. Le prime lingue isolate dell’Alto Cushitico (originariamente ramificate da un ceppo comune con il Galla e il Somalo) divergono più fortemente dal tipo originale. Già i dialetti Agau sono pieni di sviluppi molto particolari; il carattere hamitico delle lingue Sid(d)ama può essere rintracciato solo con lunghi confronti.

La semplice e graziosa (lingua Haus(s)a, la lingua commerciale di tutta la regione del Niger e oltre (Schoen, Grammar, 1862, Dictionary, 1876; Charles H. Robinson, 1897, nel Dizionario di Robinson e Brookes) ha conservato abbastanza bene la sua grammatica amitica, anche se il suo vocabolario è stato molto influenzato dalle lingue negre circostanti. Non è parente del libico (anche se ha subito alcune influenze libiche), ma proviene dalla famiglia (alta?) cushitica; il suo posto esatto in questa famiglia rimane da determinare. Varie lingue della regione del Niger erano un tempo amitiche come l’Haus(s)a, o almeno sotto qualche influenza amitica, ma ora hanno perso troppo quel carattere per essere classificate come amitiche, per esempio la lingua Muzuk o Musgu (F. Muller, 1886). La questione spesso sollevata di una qualche (molto remota) relazione tra l’amitico e la grande famiglia Bantu è ancora indecisa; più dubbia è quella con l’interessante lingua Ful (a) nel Sudan occidentale, ma una relazione con il ramo nilotico delle lingue negre è impossibile (sebbene alcune di queste, ad esempio i Nuba, abbiano preso in prestito alcune parole dai vicini popoli amitici). Lo sviluppo di un genere grammaticale, questa caratteristica principale del semito-amitico, nel barese e nel masai, può essere piuttosto accidentale che mutuato; certamente, lo stesso fenomeno nell’ottentotto non giustifica il tentativo spesso fatto di classificarlo con l’amitico.

3. L’antico egiziano, come abbiamo visto, non forma l’anello di congiunzione tra il libico e il cushitico che la sua posizione geografica ci porterebbe a prevedere. Rappresenta un terzo ramo indipendente, o piuttosto un secondo, il libico e il cushitico formando una divisione dell’amitico. Alcune somiglianze con il libico (M. de Rochemonteix in Memoires du congres internat. des orientalistes, Paris, 1873; elementare) sono dovute meno alla relazione originale che alla generale migliore conservazione degli idiomi del nord (vedi sopra). I frequenti tentativi di staccare l’egiziano dall’amitico e di attribuirlo a un’immigrazione semitica posteriore a quella degli altri amitici non possono essere provati. L’egiziano è, sotto molti aspetti, più lontano dal semitico della divisione libico-cushitica, essendo più agglutinante dei migliori tipi del suo ramo gemello, avendo perso la flessione verbale più caratteristica (l’imperfetto amito-semitico), formando il plurale nominale nel suo modo particolare, &c. Il vantaggio dell’egiziano, che è rappresentato in testi del 3000 a.C., mentre le lingue sorelle esistono solo in forme di 5000 anni dopo, ci permette, per esempio rintracciare il principio semitico delle radici triliterali più chiaramente nell’egiziano; ma quest’ultima lingua non è certo più caratteristicamente arcaica o più vicina al semitico del beja o del cabilico.

Tutto questo è detto principalmente della grammatica. Per quanto riguarda il vocabolario, non bisogna dimenticare che nessuna delle lingue amitiche è rimasta intatta dalle influenze semitiche dopo la separazione degli amitici e dei semiti, diciamo il 4000 o il 6000 a.C. Ripetute immigrazioni e influenze semitiche hanno portato così tanti strati di parole prestate che è discutibile se una lingua amitica moderna abbia ora più del 10% di parole originali amitiche. Quali somiglianze semitiche siano dovute ad affinità originali, quali provengano da immigrazioni precristiane, quali da influenze successive, sono domande difficili che la scienza non ha ancora affrontato; ad esempio, i numeri semiarabi del libico sono stati spesso citati come prova di una parentela primitiva amito-semitica, ma sono probabilmente solo un regalo di qualche invasione araba, preistorica per noi. Le tribù arabe sembrano aver spazzato ripetutamente l’intera area degli Hamiti, molto prima del tempo di Mahomet, e aver lasciato profonde impressioni sulle razze e sulle lingue, ma nessuna di queste migrazioni si pone nella piena luce della storia (nemmeno quella delle tribù Geez dell’Abissinia). L’egiziano mostra influenze costanti dai suoi vicini cananei; è pieno di tali parole di prestito già nel 3000 a.C.; nuovi afflussi possono essere tracciati, specialmente verso il 1600. (Le influenze puniche sul libico sono tuttavia molto lievi, inferiori al latino). Quindi le relazioni tra semitico e amitico richiedono ancora molte indagini in dettaglio, per le quali i lavori di Reinisch e Basset hanno solo costruito una base. (W. M. M.)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.