Riassunto e analisi di ‘I tre desideri’: Una Fiaba Curiosa

Una breve introduzione alla fiaba dei tre desideri – analizzata dal dottor Oliver Tearle

Il modello del tre è profondamente radicato nella struttura della fiaba. Numerose fiabe, da Riccioli d’oro e i tre orsi a Tremotino alla storia di Biancaneve (per citarne solo tre) si basano in parte sulla struttura narrativa tripartita (tre orsi, tre ciotole di porridge, tre visite alla casa, tre notti, e così via). Ma forse l’esempio più concentrato di questo schema è la fiaba intitolata “I tre desideri”, dove l’intera storia è imperniata sulla concessione di tre desideri a un personaggio.

In sintesi, la storia dei tre desideri si svolge come segue. Un uomo e sua moglie sono poveri e vorrebbero essere più felici e in condizioni migliori, soprattutto rispetto ai loro vicini. In quel momento, una fata appare loro e dice che esaudirà i loro prossimi tre desideri, ma non di più. Dopo che la fata scompare, il marito e la moglie rimuginano sui loro desideri. La moglie dice che ha senso desiderare di essere bella, ricca e “di buona qualità”. Ma il marito risponde: puoi essere bello e ricco ma essere comunque malato, pieno di preoccupazioni e finire per morire giovane. Quindi è meglio chiedere buona salute, felicità e una lunga vita. La moglie ribatte: ma a cosa serve una lunga vita vissuta in povertà? Decidono di dormirci sopra, e quindi si dedicano ai loro compiti in casa. Mentre la moglie si occupa del fuoco per tenerli al caldo, vede quanto è buono il fuoco e dice a se stessa: “Vorrei che avessimo un po’ di sanguinaccio gigante sul fuoco, cucinerebbe una meraviglia”. In un istante, un metro di sanguinaccio scende dal camino e finisce sul fuoco. Il marito, vedendo che la moglie aveva sprecato uno dei loro tre desideri, dice: “Sciocco, vorrei che quel sanguinaccio fosse attaccato al tuo stupido naso”. E così è stato: il sanguinaccio si attacca al naso della moglie, e rimane attaccato velocemente. Il marito si maledice per essere più stupido della moglie. Dice che dovrebbero desiderare qualcosa di sensato per il loro ultimo desiderio, come le ricchezze, ma la moglie dice che tutte le ricchezze del mondo non le servirebbero se dovesse avere un sanguinaccio attaccato al naso per il resto della sua vita. Così il marito a malincuore permette alla moglie di desiderare che il sanguinaccio le venga tolto dal naso – e così è. Hanno esaurito i loro tre desideri e tutto quello che hanno da mostrare è un sanguinaccio. Il marito decide che d’ora in poi non dovranno più desiderare nulla ed essere felici del loro destino.

Il riassunto di cui sopra è della versione della favola dei tre desideri che Iona e Peter Opie hanno raccolto nella loro antologia definitiva di favole, The Classic Fairy Tales, ma come gli Opie notano nella loro affascinante introduzione a questa storia, la favola dei tre desideri ha una storia lunga e complessa. Come molte altre fiabe, versioni de ‘I tre desideri’ si trovano, in forma leggermente diversa, in testi persiani medievali, in volumi francesi di fiabe del XVIII secolo e persino, forse, in una raccolta di fiabe attribuita al re sassone del IX secolo, Alfredo il Grande. Il modello dei tre desideri si estende però ben oltre le fiabe tradizionali, e può essere visto nel racconto di Aladino e la lampada magica e nel meraviglioso racconto edoardiano di W. W. Jacobs, ‘The Monkey’s Paw’, per non parlare di quell’altro classico edoardiano, questo per bambini, cioè la trilogia di E. Nesbit. Nesbit, la trilogia di romanzi con il Psammead.

Una delle più curiose di queste storie sorelle di ‘The Three Wishes’ è quella che si trova in un libro persiano del nono secolo, comunemente conosciuto come Il Libro dei Sette Saggi. In questa versione della storia, un marito e una moglie sono visitati da uno spirito amico e gli vengono concessi tre desideri. In consultazione con la moglie, il marito chiede di essere generosamente dotato dei mezzi per soddisfare la moglie. Il desiderio viene esaudito, ma il marito scopre che ora è così ben dotato che è appesantito dal suo nuovo “dono”. Così per il suo secondo desiderio chiede che tutto ciò che lo imbarazza venga rimosso. Quando il desiderio viene esaudito, scopre di essere rimasto, nella delicata frase del vittoriano Andrew Lang, con “una spaventosa quantità in meno”. Il terzo desiderio è che la sua originale e più modesta “dotazione” venga ripristinata. I sanguinacci vengono scambiati con qualcos’altro di carnoso e a forma di salsiccia in questa versione, sembrerebbe.

La morale della storia è curiosa. Non può essere analizzata come un caso di “stai attento a quello che desideri”, poiché, nella storia dei tre desideri, i protagonisti non finiscono peggio di come hanno iniziato. Ma non finiscono nemmeno meglio. Invece, finiscono esattamente al punto di partenza, perché non hanno stupidamente e incautamente sfruttato al meglio i desideri offerti. Con questo in mente, può essere che il racconto sia stato concepito come un promemoria della follia inerente alla natura umana: desideriamo cose in continuazione, e anche se questi desideri potessero istantaneamente diventare realtà, li useremmo comunque in modo frivolo per un guadagno a breve termine, miopi e incapaci di vedere come un desiderio più prudente potrebbe servirci meglio nel lungo periodo. Questo è reso ancora più toccante nella versione della storia riassunta sopra, poiché il marito e la moglie si siedono e discutono attentamente quali desideri sarebbero più saggi da esprimere, ma poi vanno sbadatamente a desiderare cose banali nel corso delle loro vite. Per citare un luogo comune, “dai a un uomo un pesce e potrà sfamarsi per un giorno; insegnagli a pescare e potrà sfamare se stesso e la sua famiglia per tutta la vita”. I desideratori ne ‘I tre desideri’ rientrano molto nella categoria ‘dacci un pesce’, piuttosto che nella seconda.

O, per citare un altro proverbio: ‘Se i desideri fossero cavalli, il diavolo cavalcherebbe’. Ne ‘I tre desideri’, i desideri sono cavalli, in quanto sono resi realtà. Ma i protagonisti, non diavoli ma semplicemente esseri umani imperfetti e sciocchi, finiscono per girare in tondo. Forse l’ultima morale de “I tre desideri”, in ultima analisi, si trova nelle parole del marito alla fine della fiaba: non si dovrebbe desiderare nulla e o essere felici della propria sorte o sforzarsi di migliorarla da soli. Affidarsi ai desideri di benefattori soprannaturali è un gioco pericoloso e inaffidabile, dopo tutto.

Il nostro libro, Britain by the Book: A Curious Tour of Our Literary Landscape, esce ora in brossura, pubblicato da John Murray. Maggiori informazioni sul libro possono essere trovate qui.

L’autore di questo articolo, il dottor Oliver Tearle, è un critico letterario e docente di inglese alla Loughborough University. È autore, tra l’altro, di The Secret Library: A Book-Lovers’ Journey Through Curiosities of History e The Great War, The Waste Land and the Modernist Long Poem.

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