Il famoso discorso di Martin Luther King “I Have a Dream”, pronunciato alla Marcia su Washington per il Lavoro e la Libertà del 28 agosto 1963, sintetizzava porzioni dei suoi precedenti sermoni e discorsi, con dichiarazioni selezionate di altre importanti figure pubbliche.
King aveva attinto al materiale che aveva usato nel discorso “I Have a Dream” in altri suoi discorsi e sermoni per molti anni. Il finale del discorso di King dell’aprile 1957, “A Realistic Look at the Question of Progress in the Area of Race Relations”, prevedeva un “mondo nuovo”, citava la canzone “My Country ‘Tis of Thee” e proclamava di aver sentito “un potente oratore dire non molto tempo fa, che … la libertà deve risuonare da ogni lato della montagna …. Sì, che risuoni dalle cime innevate delle Montagne Rocciose del Colorado…. Che risuoni dalla Stone Mountain della Georgia. Che risuoni dalla Lookout Mountain del Tennessee. Che risuoni da ogni montagna e collina dell’Alabama. Da ogni lato della montagna, lasciate che la libertà suoni” (Papers 4:178-179).
Nel sermone di King del 1959 “Speranze irrealizzate”, egli descrive la vita dell’apostolo Paolo come una di “speranze irrealizzate e sogni infranti” (Papers 6:360). Egli nota che una sofferenza intensa come quella di Paolo “potrebbe renderti più forte e avvicinarti a Dio Onnipotente”, alludendo a un concetto che più tardi riassunse in “I Have a Dream”: “la sofferenza non meritata è redentrice” (Papers 6:366; King, “I Have a Dream”, 84).
Nel settembre 1960, King iniziò a tenere discorsi che si riferivano direttamente al sogno americano. In un discorso tenuto quel mese a una conferenza delle filiali della Carolina del Nord della National Association for the Advancement of Colored People, King fece riferimento alle clausole ineseguite del preambolo della Costituzione degli Stati Uniti e parlò dell’America come di “un sogno ancora irrealizzato” (Papers 5:508). Consigliò alla folla che “dobbiamo essere sicuri che la nostra lotta sia condotta al più alto livello di dignità e disciplina” e ricordò loro di non “bere il vino velenoso dell’odio”, ma di usare la “via della nonviolenza” quando si intraprende “un’azione diretta” contro l’oppressione (Papers 5:510).
King continuò a dare versioni di questo discorso per tutto il 1961 e il 1962, chiamandolo poi “The American Dream”. Due mesi prima della Marcia su Washington, King si trovò di fronte a una folla di 150.000 persone alla Cobo Hall di Detroit per esporre come rendere “il sogno americano una realtà” (King, Address at Freedom Rally, 70). King esclamò ripetutamente: “Ho un sogno questo pomeriggio” (King, Discorso al Freedom Rally, 71). Egli articolò le parole dei profeti Amos e Isaia, dichiarando che “la giustizia scenderà come acqua, e la giustizia come un potente torrente”, perché “ogni valle sarà esaltata, e ogni collina e montagna sarà resa bassa” (King, discorso al Freedom Rally, 72). Come aveva fatto numerose volte nei due anni precedenti, King concluse il suo messaggio immaginando il giorno “in cui tutti i figli di Dio, uomini neri e uomini bianchi, ebrei e gentili, protestanti e cattolici, potranno unire le mani e cantare con i negri nello spirituale di un tempo: Finalmente liberi! Finalmente liberi! Grazie a Dio Onnipotente, siamo finalmente liberi!” (King, Address at Freedom Rally, 73).
Quando King e i suoi consiglieri prepararono il suo discorso per la conclusione della marcia del 1963, egli sollecitò suggerimenti per il testo. Clarence Jones offrì una metafora per la promessa non mantenuta di diritti costituzionali per gli afroamericani, che King incorporò nel testo finale: “L’America non ha rispettato questa promessa per quanto riguarda i suoi cittadini di colore” (King, “I Have a Dream”, 82). Furono presentate diverse altre bozze e suggerimenti. I riferimenti ad Abraham Lincoln e alla Proclamazione di Emancipazione furono sostenuti durante le innumerevoli revisioni. King ha ricordato che non finì il testo completo del discorso fino alle 3:30 del mattino del 28 agosto.
Più tardi, quel giorno, King stava sul podio a dominare il raduno. Anche se una versione dattiloscritta del discorso fu messa a disposizione della stampa la mattina della marcia, King non si limitò a leggere le sue osservazioni preparate. Più tardi ricordò: “Ho iniziato a leggere il discorso, e l’ho letto fino a un punto … la risposta del pubblico è stata meravigliosa quel giorno…. E all’improvviso mi venne in mente questa cosa che … avevo usato molte volte prima…. ‘Ho un sogno’. E ho sentito che volevo usarla qui … l’ho usata, e a quel punto mi sono allontanato del tutto dal manoscritto. Non ci sono più tornato” (King, 29 novembre 1963).
Il giorno dopo sul New York Times, James Reston scrisse: “Il dottor King ha toccato tutti i temi del giorno, solo meglio di chiunque altro. Era pieno del simbolismo di Lincoln e Gandhi, e delle cadenze della Bibbia. Era sia militante che triste, e mandò via la folla sentendo che il lungo viaggio era valso la pena” (Reston, “‘I Have a Dream …'”).